«Il Sole 24 Ore»
6 aprile 2003

Novecento al plurale

di Paolo Rossi

La risposta più sensata che si può dare a quei personaggi che si incontrano in treno e vogliono sapere che cosa è la logica o la fisica è quella che dice: «Ciò che è contenuto in un manuale di logica o di fisica». In un manuale deve essere presente, in forma condensata e in un linguaggio il più possibile limpido, ciò che è necessario o indispensabile sapere intorno a una certa disciplina o a un certo argomento. Al termine della fruttuosa lettura di una serie di manuali e dopo una serie di esami, un giovane entra a far parte della comunità dei logici o dei fisici. Solo dopo questo ingresso, salvo eccezioni, inizia a fare ricerca e a dare (se ci riesce) un suo personale contributo alla logica o alla fisica. In una certa misura (sull'entità della misura ci sono pareri molto discordanti) quanto detto sopra vale anche per la filosofia. L'unico manuale di filosofia esistente in italiano (che sfiora le 2.500 pagine) fu pubblicato dalla Utet nel 1995 e l'anno successivo anche dalla Garzanti. Come tutti sanno, ci sono invece moltissimi manuali di storia della filosofia di diversa ampiezza e di differente valore, la maggioranza dei quali sono scritti per gli studenti dei Licei. Questo libro supera di poco le 1.500 pagine è scritto per gli studenti di filosofia e per il vasto pubblico delle persone colte che è interessato a sapere qualcosa di non generico su personaggi o correnti e movimenti dei quali sente parlare sempre più spesso (soprattutto da quando illustri giornalisti hanno preso sistematicamente a filosofeggiare).

L'argomento «filosofie dei Novecento» è, come è ovvio, fra i più difficili da "manualizzare" perché la materia è ribollente, una montagna di questioni sono del tutto aperte e una buona parte delle discussioni addirittura vertono su ciò che la filosofia è e su quello che deve essere o è auspicabile che sia. Questo massiccio volume che si apre con tre capitoli rispettivamente dedicati a Nietzsche, alla crisi del fondamenti della matematica, alla rivoluzione psicoanalitica conduce il lettore sino alle recenti controversie sulla filosofia della mente, alle discussioni sull'intelligenza artificiale, alle teorie politiche di Amartya Sen, alla bioetica e ai suoi differenti orientamenti. In mezzo stanno capitoli sulle scuole e le tendenze e sulle grandi figure della filosofia del Novecento (l'idea di far sparire le grandi personalità dissolvendole entro i problemi o le correnti si è più volte manifestata come fallimentare).

Dei 51 capitoli che compongono il libro, 18 sono stati scritti da Giovanni Fornero, 16 da Salvatore Tassinari, gli altri da una dozzina di collaboratori che mi spiace non poter ricordare tutti e tra i quali mi limito a segnalare Giancarlo Galeazzi per due capitoli sulla neoscolastica e il personalismo e Franco Restaino su femminismo e filosofia. Il libro riesce a conciliare alcune caratteristiche che non stanno facilmente insieme: la chiarezza espositiva, l'ampiezza della documentazione, il rispetto per le differenti filosofie. Non credo di essere solo a pensare di vivere in anni nei quali predominano le tesi urlate invece che argomentate, le divergenze vengono trattate non a colpi di fioretto, ma di machete come fossimo condannati a vivere perennemente in un'atmosfera di incombente guerra civile. Questo clima generale (che predomina nel mondo politico e, in modi addirittura indecenti, in quello televisivo) si riflette ovviamente nel piccolo ambiente della filosofia, nel quale l'insolenza tende sempre più spesso a prendere il posto dell'ironia, che è l'unica arma della quale dovrebbe essere consentito l'impiego. Anche (o meglio soprattutto) per questo l'intenzione, qui presente e qui realizzata, di un programmatico rispetto per i pensieri altrui mi sembra importante.

D'altra parte, come è facilmente intuibile, il tema del rispetto si collega strettamente al tema del cosiddetto equilibrio nei giudizi. Basta leggere i capitoli dedicati ad autori particolarmente controversi come Nietzsche o Gentile o Heidegger o Schmitt per rendersi conto di come gli autori siano egregiamente riusciti in questo delicato compito. L'assenza di una anche sommaria bibliografia ritengo sia stata una dolorosa necessità. In compenso l'indice dei nomi è molto accurato. Mi capita, più o meno una volta al mese, di assistere a spiacevoli confusioni fra i troppi Rossi. Qui non solo è stata realizzata la titanica impresa di distinguere Paolo da Pietro, ma addirittura, fra i Paoli, lo scrivente dal giustamente più celebre calciatore.