«L'Unità»
10 gennaio 2013

Le due anime della bioetica Laici e cattolici a confronto in un libro di Mori e Fornero

di Pietro Greco

Laici e cattolici in bioetica: storia e teoria di un confronto. È il titolo del libro (pagine 364, euro 24,00) che due bioeticisti laici, Maurizio Mori e Giovanni Fornero, hanno appena pubblicato con l'editore Le Lettere nella collana «Etica Pratica e Bioetica» diretta da Eugenio Lecaldano. Basterebbe aggiungere un solo aggettivo – insanabile – alla fine di quel titolo, per comprendere il senso e il contenuto della nuova (e chiarissima) proposta editoriale.

I due studiosi concordano, infatti, sia sul fatto che esistono almeno due approcci distinti – uno laico e l'altro cattolico – a quell'«etica pratica» che è la bioetica; sia sul fatto che sono due approcci così irrimediabilmente diversi, talvolta opposti, da non poter essere, in alcun modo, ricondotti a uno.

Sono due punti molti netti, su cui non tutti i loro colleghi sono d'accordo. Ma che Mori e Fornero argomentano bene, sia dal punto di vista storico sia dal punto di vista filosofico, regalando al lettore una chiave di interpretazione rigorosa e comprensibile di una partita che da molti anni si gioca, in Italia e nel mondo, in maniera spesso aspra e confusa.

Maurizio Mori offre, nella prima parte del libro, il codice storico di questa chiave. Mostrando come, dopo la seconda guerra mondiale, l'irruzione sulla scena di nuove tecnologie mediche (dalla pillola anticoncezionale, ai trapianti di organi, alla fecondazione in vitro) ha costrutto tutti e ridefinire concetti fondamentali ed eticamente sensibili, quali quelli di vita, di morte, di persona. Tra quei tutti ci sono i laici e i cattolici, i singoli stati e le Nazioni Unite.

Mori dimostra come questa esigenza – emersa nel periodo della guerra fredda, in cui il mondo era diviso in due blocchi ideologicamente, ancor prima che militarmente, politicamente e persino economicamente contrapposti – abbia visto emergere due autorità portatrici di un'interpretazione etica che tendeva a proporsi come universale. Una laica, espressa in sede di Nazioni Unite, che ha assunto anche forma giuridica, per esempio La Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo (1948). L'altra religiosa, che si è espressa in Vaticano, che ha assunto a sua volta una forma giuridica (canonica) in svariati documenti che costituiscono parte importante del Magistero della Chiesa Cattolica.

Per un lungo periodo questa dicotomia ha cercato una composizione così spinta in chiave teorica e pratica – anche grazie all'azione di «uomini del dialogo» come John Kennedy, Nikita Krusciov e Giovanni XXIII – da assumere le forme di un vero e proprio paradigma culturale: il paradigma della convergenza. L'idea che si potesse stabilire un'etica comune universale, valida per l'intera umanità: credenti e non credenti, laici, cattolici, protestanti, islamici, ebrei e così via.

Questo paradigma ha dominato per alcuni decenni: si pensi al Concilio Vaticano II. Ma poi è crollato. Lasciando il terreno al paradigma della divergenza, fondato sull'identità, che si è incarnato – sostiene Maurizio Mori – in personaggi politici, come Margaret Thatcher o Ronald Reagan, e religiosi, come Giovanni Paolo II.

Questo nuovo vento culturale ha portato la Chiesa Cattolica a definire, in maniera sempre più formale, il proprio Magistero nelle materie eticamente sensibili della biomedicina. A fornire definizioni di vita, di morte, di persona molto precise. A indicare una serie di «princìpi non negoziabili». È nata così la «bioetica cattolica» (intesa come bioetica ufficiale della Chiesa), fondata su una precisa «visione del mondo» che ha determinato, quasi naturalmente, la nascita di una «bioetica laica» che fa riferimento a un'altra «visione del mondo». La due visioni sono affatto diverse e, a tratti, si rivelano inconciliabili. E, infatti, i motivi di scontro tra queste due visioni del mondo nel corso degli anni è venuta aumentando: il divorzio, l'aborto, la procreazione assistita, il testamento biologico…

Fin qui la storia. Che è la storia di un conflitto crescente. Ma è un conflitto artificioso e sanabile, oppure ha basi teoriche solide? A questa domanda risponde, nella seconda parte del libro, Giovanni Fornero. Sostenendo, in primo luogo, che il conflitto esiste ed è reale: sbagliano coloro che lo negano o che tendono a minimizzarlo. E, in secondo luogo, che il conflitto si fonda, appunto, su visioni del mondo affatto diverse. Una, quella cattolica, che fa riferimento al trascendente, alla specialità dell'uomo e all'esistenza di «princìpi assoluti» di derivazione divina. L'altra, quella laica, che si riferisce solo alla natura, di cui l'uomo è parte non dotata di particolare specificità.

Giovanni Fornero sostiene che sarebbe sbagliato cogliere la differenza tra queste due bioetiche sulla base della dicotomia tra fede e ragione. Entrambe, sostiene, sono fondate sulla ragione. Anche se esprimono due diverse e, a tratti, irriducibili razionalità.

Fornero individua 12 idee-guida alla base dell'etica applicata cattolica e di 10 diverse e a tratti opposte, idee-guida dell'etica applicata laica, ma una comune epistemologia fondata sulla deduzione logica.

In realtà, anche se entrambe aderiscono a una logica tendenzialmente di tipo deduttivo, un'asimmetria fondamentale tra la «bioetica cattolica» e la «bioetica laica» esiste. La prima, quella cattolica, deduce le implicazioni logiche da idee-guida che sono «assiomi», perché fanno riferimento al trascendente e, dunque, per definizione non sono dimostrabili scientificamente. La seconda, la bioetica laica, fa riferimento alle conoscenze empiriche, oltre che teoriche, della scienza. Conoscenze che non sono assolute, ma contingenti. Non sono assiomi, ma teorie e fatti sperimentali che sono, per definizione, da tutti dimostrabili.

POSSIBILE SOLO UN COMPROMESSO

Ma al di là di questa asimmetria, è vero che le due visioni del mondo sono così diverse da rendere impossibile ogni tentativo di recuperare il paradigma della convergenza, a meno che una delle due non rinunci ai suoi princìpi fondanti (alle sue idee-guida). Così, anche se a tratti nobile, quella di molti concordasti risulta una «missione impossibile».

Il guaio è che la bioetica non è «mera filosofia». Ha evidenti implicazioni pratiche. Influenza, per esempio, le leggi dello stato. Cosa deve fare lo stato se di fronte ha (almeno) due bioetiche diverse e irriducibili? Domanda di stringente attualità. Anche per il governo prossimo venturo.

Il guaio è che le risposte a questa domanda sono, a loro volta, asimmetriche e inconciliabili. I fautori della bioetica laica sosengono che gli stati devono svolgere il ruolo, neutrale, di arbitro. Lasciando libertà a tutti di aderire alla propria «visione del mondo». I fautori della bioetica cattolica sostengono, al contrario, che alcuni dei loro princìpi – non a caso definiti «non negoziabili» – hanno valore universale. E dunque devono essere assunti in forma di legge dagli stati.

Come si esce, in Parlamento e nella società, da questo inviluppo? Secondo Fornero si tratta di una classico problema indecidibile. Non ammette una soluzione in punto di logica: il paradigma della convergenza è definitivamente crollato. Le due bioetiche non possono essere conciliate. Di conseguenza non c'è altro da fare che cercare, pragmaticamente, di volta in volta un compromesso. Purché sia cercato in maniera trasparente e non sia un compromesso al ribasso.