«Avvenire»
29 novembre 2012
I «valori non negoziabili»
e il confronto coi non
credenti
di Paola Ricci Sindoni
Si respira un'aria nuova dentro le pagine del recente volume Laici e cattolici in bioetica: storia e teoria di un confronto, a cura di Giovanni Fornero e Maurizio Mori (Le Lettere, Firenze 2012). Non soltanto perché finalmente si offre uno strumento serio e articolato per uscire dalla contrapposizione ideologica tra bioetica cattolica e bioetica laica attraverso una lucida riflessione filosofica, ma soprattutto perché vengono messe a tema le differenze paradigmatiche delle due trame antropologiche ed etiche che sostengono le due prospettive, che non possono essere sbrigativamente lette come modi conflittuali e opposti, sempre irriducibili.
Per perseguire questo fine, Fornero si spende molto per comprendere i paradigmi che sostengono la bioetica cattolica, cercando di entrare con rispetto epistemologico dentro la complessa condizione del credente, la cui responsabilità lo chiama a muoversi dentro l'appartenenza ecclesiale, là dove si fondono la fedeltà ai propri convincimenti religiosi e la necessaria disciplina critico-razionale, nella convinzione che far parte di una tradizione vivente di quel "corpo di senso" che è la Chiesa non lo esime da ricercare momenti di confronto con altre tradizioni valoriali. Da laico aperto e filosoficamente educato, Fornero si muove dentro questo mondo frastagliato e al contempo uniforme che sono i bioeticisti cattolici, finalmente liberati da quello stereotipo culturale, assai duro a morire, secondo cui essi non sarebbero altro che i meri traduttori dei dettami dogmatici del Magistero, a cui sacrificherebbero, in nome della fedeltà indiscussa, buona parte della loro libertà intellettuale.
Da qui l'esigenza, espressa nelle molte pagine dedicate da Fornero a questo tema, a ricostruire le due famiglie di paradigmi antropologici che stanno alla base dei diversi indirizzi e che si possono sintetizzare con l'accettazione, da parte dei cattolici, della visione trascendente della vita (la creaturalità del vivente con la conseguente percezione dell'uomo di essere stato donato a se stesso) a differenza di quanti, da laici, accolgono come sensata soltanto la distensione dell'esistente nell'immanenza.
Da qui la scelta dei due ventagli valoriali e l'esigenza di ricercare un confronto critico per costruire comuni obiettivi soprattutto sul piano biopolitico e legislativo. Il confronto che Fornero stabilisce con i cattolici (da D'Agostino a Semplici, da Palazzani a Sesta e altri ancora) lo convince sempre di più che si è di fronte a un panorama articolato e coerente di paradigmi conoscitivi, che la fede credente non annulla, ma esalta, incoraggiando la difesa di quei valori irrinunciabili, senza i quali il quadro di riferimento trascendente finirebbe con il collassare.
Il percorso sin qui tracciato convince, soprattutto perché appare finalizzato a dire una parola epistemologicamente ferma sulla differenza fra i due paradigmi. Appare più problematico lo spostamento di prospettiva storico-critica con l'incursione, compiuta all'inizio da Mori e conclusa da Fornero nelle pagine finali, sulla posizione culturale e politica della Chiesa in Italia e sulle sue motivazioni a entrare in gioco in ambito pubblico per la difesa dei cosiddetti "valori non negoziabili". Se il primo Autore appare più radicalmente determinato a caratterizzare questa stagione ecclesiale come divergente rispetto a qualche ideale convergenza, prodottasi nella storia recente della Chiesa, Fornero ne misura di più la possibilità di muoversi "politicamente", magari disegnando qualche "compromesso teorico" in grado di realizzare significative mediazioni con le nuove sensibilità sociali e culturali nel rispetto dell'altro.
Su questa possibile alternativa si chiude il volume. Ma è partendo da qui che si dovrebbero scrivere altre pagine, se si vuole davvero lavorare per un confronto costruttivo fra le due bioetiche. Quelle che pongono a tema la bioetica laica, la cui indiscussa autorità si regge sulla tradizione illuministica e libertaria, nutrita anch'essa di "valori non negoziabili", come l'autodeterminazione del soggetto, ad esempio. E su questo principio che i bioeticisti laici dovrebbero offrire una maggiore giustificazione epistemica, sottoponendolo a un confronto con la tradizione filosofica che lo muove, e, dunque, a un riesame critico, che lo porrebbe (al pari dei valori cattolici) disponibile a un possibile compromesso teorico. Ogni serio confronto esige reciprocità: affinché si sviluppi il riconoscimento della differenza e del rispetto dell'altro, occorre che ciascuno si metta in gioco per rivedere criticamente i propri presupposti teorici, così a ricercare un terreno comune di incontro su quei temi sensibili, come la vita e la morte, che trafiggono l'esistenza di tutti.
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