«La Stampa»
2 marzo 2002

Filosofia, vecchi e nuovi maestri

di Mario Baudino

Dalla volontà di potenza di Nietzsche alle riflessioni sull'aborto e l'eutanasia di Dworkin, dal marxismo alla bioetica attraverso una galleria di centinaia di filosofi e migliaia di opere. L'imponente volume sulle Filosofie del Novecento di Giovanni Fornero e Salvatore Tassinari (edito da Bruno Mondadori) sfiora le mille e seicento pagine e affronta la sua "missione impossibile" con la straordinaria ambizione non solo di fare una "storia della filosofia", ma anche di raccontarla come qualcosa dotato di un senso globale. In altre parole, di dare una risposta alla domanda del profano quando si chiede a che serva, la filosofia, e che sia.

In questa storia non ci sono così solo le teoriche del femminismo, ma anche gli informatici, gli studiosi delle intelligenze artificiali, e soprattutto coloro che hanno avviato la riflessione attualissima sulla bioetica, vero punto di scontro e di confronto in questi primi anni del nuovo secolo. Tutti "filosofi", chiediamo all'autore? «In qualche modo sì – è la risposta di Fornero – anche solo chiedersi che cosa sia la giustizia o come debba essere inteso il pluralismo sono domande cui il politico o il politologo non possono dare risposte se non all'interno di un grande paradigma. Succede in tutti i campi: il poeta fa il poeta, ma in ogni poeta c'è un filosofo che ha una visione di quel che secondo lui è la poesia. Così la domanda su quale sia il fine della politica non è già più "politica". Oppure quando ci si interroga sulla scienza, è evidente che ci si pone un problema filosofico. Il filosofo tratta questioni che, socraticamente, interessano tutti gli uomini. Se dico che sono contrario all'aborto perché me l'ha detto il mio parroco offro una spiegazione rispettabile, ma non filosofica. Se cerco una spiegazione diversa, devo muovermi in un orizzonte filosofico». In qualche modo oggi più che mai abbiamo bisogno di una riflessione di questo tipo. Ma perché arrivarci ripercorrendo tutto il secolo? «Ho fatto lo sforzo di raccontare la storia della filosofia, parlandone appunto da storico, però con l'opzione di fondo che consiste credere che la filosofia c'è perché l'uomo ne ha bisogno. Fino ad arrivare alla bioetica, che definisco come una delle maggiori incarnazioni dello spirito filosofico, e anche del fatto che non ne possiamo prescindere, perché le domande filosofiche nascono dalla vita stessa». Se questo è il punto d'arrivo, il percorso è lungo.

Fornero, fedele alla lezione di Abbagnano, lo narra in modo "rispettoso" delle varie filosofie, con una differenza: «Abbagnano era anche un teorico militante, che a volte poteva quindi fare delle vere e proprie stroncature. Così da un lato abbiamo cercato di far rivivere il suo insegnamento più importante, dall'altra di andare anche oltre». Il risultato è il tentativo di "ascoltare tutti", ricostruire i giganti del pensiero o i movimenti filosofici da un punto di vista interno, puntando al massimo di aggiornamento. Sono citati testi e prese di posizioni fino al 2001-2002, ma ci sono capitoli estesissimi su temi assolutamente tradizionali, come le 45 pagine dedicate al marxismo dopo Marx che hanno mandato in sollucchero il critico di Liberazione, soprattutto se aggiunte alle novanta che passano in rassegna il pensiero di Gramsci e il marxismo dalle terza internazionale fino al crollo del socialismo reale, cui vanno aggiunte altre 40 sulla Scuola di Francoforte e sul marxismo freudiano. Più di trenta sono dedicate a Giovanni Gentile, una cinquantina a Benedetto Croce. Il record appartiene a Martin Heidegger, che si prende due corposi capitoli, uno per la prima e uno per la seconda fase del suo pensiero.

Sorge spontanea una domanda, che non è un appunto perché riguarda tutte le "storie" della filosofia. Ma perché, pur nella loro differenza, si muovono sempre all'interno di un canone, quello degli autori "accettati", una specie di enorme arco costituzionale che lascia fuori i cattivi, ad esempio i teorici del nazismo, o quelli più recenti delle "pulizia etnica" nell'ex Jugoslavia? Non solo sono esisti, e non solo hanno avuto conseguenze pesanti sulla vita persone, ma non hanno cessato di influenzare trasversalmente la nostra cultura. Un esempio: le frementi polemiche di questi giorni sull'uso del termine "razza" a proposito degli ebrei fatto da un intellettuale serissimo come Alberto Asor Rosa nel suo pamphlet su La guerra (Einaudi) potrebbero spingere qualcuno (o molti) a cercare su un manuale di filosofia un inquadramento storico-filosofico del problema. Non lo si troverebbe così facilmente, se non in opere altamente specialistiche. Come mai? Fornero ammette: «Sì, i "cattivi" nelle storie della filosofia non compaiono. Per quanto ci si sforzi, il rischio di unilaterità c'è sempre».

Dopo la domanda politicamente scorretta, una correttissima: non sarà in qualche modo unilaterale parlare della filosofia guardando solo all'Occidente? «Io sono occidentalista in questo senso. Sono convinto che alcuni valori dell'Occidente sono potenzialmente universali, anche a prescindere dai modi in cui sono stati difesi». Lei non considera quindi che ormai l'Occidente abbia perso la sua centralità? «Non è la periferia del mondo, e soprattutto non deve esserlo. Io ritengo che il punto di vista occidentale sia importante, e che una storia della filosofia sotto questa angolazione sia ancora un fatto positivo».