«L'Adige»
10 aprile 2021
In attesa di una legge sulla vita
Il filosofo ha scritto un ponderoso saggio che tocca tutti gli aspetti etici, giuridici, umani del suicidio assistito.
di Fabrizio Franchi
Il parlamento italiano da quasi un secolo non interviene sulla legge che punisce il suicidio assistito e l'omicidio del consenziente. La legge risale al 1930, varata in pieno periodo fascista. Da allora il mondo è cambiato. Il fascismo è morto e i costumi, l'etica, il senso del sacro, la religione, sono state toccate da nuove convinzioni che si sono fatte strada lungo generazioni di italiani e di europei. Affronta ora la questione con grande coraggio, ma anche con lucidità e sulla scorta di studi approfonditi il filosofo Giovanni Fornero, in un ponderoso volume per l'editore Utet: Indisponibilità e disponibilità della vita. Una difesa filosofico giuridica del suicidio assistito e dell'eutanasia volontaria. Si tratta di pagine non facili, ma profonde. Fondamentali per inquadrare la questione dell'eutanasia e del fine vita.
Fornero non è estraneo alla questione. Allievo del grande filosofo Nicola abbagnano, ha curato diverse storie di filosofia a arga diffusione. Ma soprattutto è uno studioso dei problemi della bioetica e della laicità e ha contribuito a suscitare un ampio dibattito sulla distinzione tra biomorale cattolica e laica. Soprattutto è membro della Consulta di Bioetica e dell'Associazione Luca Coscioni.
Il suo è un libro del respiro amplissimo, che tocca i grandi temi filosofici, analizzando le idee di chi ha contribuito a costruire ciò che siamo e che pensiamo, partendo da Platone e arrivando ai grandi filosofi moderni. Da quel Platone che sosteneva la tesi per cui «noi uomini siamo proprietà degli dèi». Convinzione che rappresenta «una delle idee madri più antiche dell'umanità e che, in Occidente, il Cristianesimo ha espresso con la nota immagine di Dio come "signore della vita e della morte". Pensiero – come dice Fornero – che ha influito profondamente sulla filosofia, l'etica e il diritto». Pagine dense, profonde, argomentate.
Il merito forse più interessante e foriero di riflessioni di Fornero sta nel fatto di legare l'analisi filosofica e etica alle questioni giuridiche, capace di individuare i legami e poi tradurli, declinarli.
Nulla viene lasciato fuori dall'analisi, affrontando anche le questioni di stretta attualità, come le vicende di Piergiorgio Welby e di Eluana Englaro, che spaccarono l'Italia nel profondo, come era del resto inevitabile visto che stiamo parlando di un tema fondamentale per ognuno di noi, cattolici o laici. Che tuttavia esista la necessità di una legge che affronti la questione è evidente, in questo mondo così connesso e in cui sempre di più sono i casi di persone che vanno a cercare la fine della vita in altri Paesi europei, con lo strascico di problemi per i familiari o gli amici che aiutano chi cerca il suicidio assistito.
È evidente che non si tratta semplicemente di una scelta leggera, ma dettata da gravi situazioni di salute, in qualche caso, come lo fu quello di Englaro, impedita a poter decidere di se stessa. Nelle valutazioni giuridiche ci sono poi linee sottili che dividono l'omicidio da un suicidio assistito, quindi da un comportamento illecito a uno lecito e che investono la gigantesca questione delle terapie e del loro "accanimento" atte a tenere in vita una persona.
Entrano in gioco movimenti e posizioni politiche, filosofiche che Giovanni Fornero chiama "paradigmi" e, come è chiaro fin dal titolo, squaderna nel suo volume tra una concezione "disponibilista", ovvero chi crede che la nostra vita appartenga a noi, e una "indisponibilista", che in sostanza esclude la possibilità di scelte individuali, perché la vita in definitiva appartiene a una entità superiore.
Fornero prende posizione esplicitamente, ma lo fa con il grande merito di allargare i nostri orizzonti di pensiero, riuscendo ad andare in profondità e togliendo quella patina di incrostate ipocrisie a un dibattito che non potrà mai esaurirsi.