«Daimon» («Quaderni di Diritto e Politica Ecclesiastica», n. IV)
dicembre 2021
Recensione
di Federica Botti
Quello della disponibilità e indisponibilità della vita è un annoso dibattito che si affaccia nella cultura occidentale da quando la filosofia illuminista ha posto all'uomo il problema della riappropriazione del suo destino. Complici il forte sviluppo delle forze produttive e della scienza, l'uomo sembra divenuto capace di creare il proprio destino, di trasformare la natura e la storia, di ricercare e realizzare il soddisfacimento dei suoi bisogni. Grazie alla ricerca biologica e genetica, con la quale si cerca di ricreare la vita, e alla medicina, con la quale invece si cerca di conquistare il dominio sulla morte affrontando il problema dell'invecchiamento come una malattia, si prolunga la vita oltre ogni aspettativa e, a volte, ogni ragionevole motivo.
Questi complessi fattori hanno contribuito a far sì che la classe medica abbia accresciuto sempre più il proprio potere. Ad essa è stata accordata la titolarità delle scelte non solo in materia di durata, ma anche di qualità della vita, decidendo sulle modalità e i tempi della morte. Così facendo l'autonomia dell'individuo per lungo tempo non è riuscita a travalicare le colonne d'Ercole della salvaguardia della vita a ogni costo e del paternalismo medico, tanto che è solo nel XX secolo che nei paesi occidentali il diritto riconosce al paziente anche la libertà e l'autonomia di scelta. Il problema del fine vita è, infatti, molto sentito in Occidente dove la vita si protrae, o comunque viene salvata, anche in casi difficili. Ed è proprio su questi casi che lo scontro, tra coloro che ritengono che la vita sia un bene indisponibile in quanto solo Dio può decretarne la fine e coloro che invece ritengono che ogni essere umano abbia riconosciuto il diritto di potere decidere la modalità della propria morte, si fa più duro.
In particolare, il contraddittorio vede duettare due opposte tendenze: le une fedeli alle credenze religiose e ai precetti morali delle tre grandi religioni abramitiche – ebraismo, cristianesimo e islam – che ribadiscono con fermezza che le decisioni che riguardano il fine vita appartengono solo a Dio1, le altre, che affondano nella bioetica laica e nella teologia protestante le loro radici e sostengono invece la disponibilità della vita in capo a ogni individuo capace di intendere e volere.
Per tali ragioni i paesi che più di altri risentono dell'influenza culturale data dalle religioni del libro sono più restii all'apertura all'autodeterminazione terapeutica, tanto che in Italia, la diffusione di una radicata morale cattolica ha impedito per lungo tempo l'approvazione di una legge sul consenso informato e l'autodeterminazione in materia di trattamenti sanitari che ha visto la luce, con non poche polemiche, solo nel 20182.
Giovanni Fornero con il suo volume dal titolo tranchant «Indisponibilità e disponibilità della vita. Una difesa filosofica giuridica del suicidio assistito e dell'eutanasia volontaria», pare non lasciare spazio al dialogo rivelando già il finale. In realtà, l'Autore dà cittadinanza a tutte le posizioni, anche le più lontane dalle proprie convinzioni non tradendo in tal maniera la sua estrazione filosofica e riservando il medesimo rispetto anche alle posizioni antitetiche.
L'opera alquanto corposa, 798 pagine articolate in 21 capitoli, si snoda tra analisi filosofiche, giuridiche e giusfilosofiche dei concetti di disponibilità e indisponibilità della vita umana senza tralasciare le ricadute pratiche di tali questioni.
Infatti, non bisogna mai scordare che il concetto di vita e di morte può certamente rappresentare il terreno di speculazione e discettazione filosofica e giuridica – e Fornero questo non lo dimentica – ma essendo ben consapevoli – e Fornero lo è – che, in ogni caso, tutto questo esiste nel mondo sensibile, nella vita e sulla carne delle persone.
L'Autore svolge con grande competenza scientifica e chiarezza espositiva una esaustiva e utile ricognizione filosofica e giuridica sulle tematiche del fine vita offrendo in maniera franca e mai faziosa un'analisi delle diverse posizioni registrabili sul punto, da quelle disponibiliste a quelle più indisponibiliste e conservatrici. Ma come già illustrato, l'opera si apprezza per una sorta di "coraggio intellettuale" quando cerca di offrire proposte risolutive guardando il mondo sensibile, ragionando sul dolore umano senza fermarsi al mero piano teorico.
Giovanni Fornero entra nel cuore del problema individuando e analizzando le pratiche relative al rapporto che intercorre tra malattia, cura, libertà e morte; tratta in prima battuta del suicidio poi del rifiuto alle cure, delle cure palliative e della sedazione profonda, pratiche queste che trovano cittadinanza nel nostro ordinamento, fino a tagliare il velo dell'ipocrisia affrontando le ultime due pratiche: il suicidio assistito e l'eutanasia volontaria.
L'Autore offre un'attenta analisi sia filosofica sia giuridica di tutte le pratiche su indicate per concentrarsi sulla difesa, di cui al titolo, del suicido assistito e dell'eutanasia volontaria legandoli a doppio filo col principio supremo della libertà. Efficace è l'argomentazione che, con toni sempre scientifici e mai sopra le righe, pone nel nulla il più grande cavallo di battaglia dei detrattori delle pratiche eutanasiche, cioè vale a dire la trita e ritrita china scivolosa, lo slippery slope.
Con merito, l'Autore mostra la debolezza delle concezioni indisponibiliste e conservatrici quando ricorrono a un arrocco argomentativo come quello del slippery slope argument: quando non si hanno armi dialettiche per combattere si finisce ad argomentare per fallacie di pertinenza; la reductio ad hitlerum che nelle ultime settimane vanno predicando i c.d. no Vax e no Pass sono un esempio del vuoto argomentativo e del pericolo che rappresentano questi approcci.
Fornero spiega in modo inappuntabile e financo divulgativo (nella più alta accezione del termine) che siamo una democrazia abbastanza matura per consentire al cammello di tenere solo il naso nella tenda e non un centimetro in più.
Note
1 Da ultimo, v.: «Dichiarazione congiunta delle religioni monoteiste abramitiche sulle problematiche del fine vita», Città del Vaticano, 28 ottobre 2019, consultabile in https://www.humandevelopment.va.
2 Legge 22 dicembre 2017, n. 219, Norme in materia di consenso informato e di disposizioni anticipate di trattamento, entrata in vigore il 31 gennaio 2018.