«La Gazzetta del Mezzogiorno»
20 agosto 2020
Ma la vita è… un bene privato o indisponibile?
Tra i libri di Fornero e Arminio
di Francesco Bellino
Per Aristotele, fra le cose che suscitano la paura, la più terribile è la morte (Etica Nicomachea, III, 6,6). Per san Paolo, invece, «vivere è Cristo e il morire un guadagno» (Fil 1,21). Platone considerava la filosofia nient'altro che una «meditazione della morte» (Fedone, 67 E, 4-5).
Epicuro liberava la morte da ogni valutazione empirica. Non essendoci alcuna evidenza scientifica, non c'è una buona (eutanasia) o una cattiva morte, «perché quando noi siamo, non c'è la morte, e quando c'è la morte, noi allora non siamo».
Recentemente la pandemia ha spostato l'attenzione dell'opinione pubblica dall'accanimento terapeutico e dall'eutanasia all'abbandono terapeutico e all'ageismo, che discrimina le persone in rapporto all'età anziana.
Sull'onda della sentenza della Corte Costituzionale 242/2019 relativa al caso Cappato/Dj Fabo sul cosiddetto «suicidio assistito» e in attesa che il Parlamento legiferi sul «fine vita», in questo vasto e articolato lavoro dal titolo Indisponibilità e disponibilità della vita. Una difesa filosofico giuridica del suicidio assistito e dell'eutanasia volontaria, (Utet, Milano 2020, pp. 812, euro 35,00) Giovanni Fornero ricostruisce con rigorosa acribia il ricco background storico-giusfilosofico del problema e adduce le sue ragioni a favore del suicidio assistito e dell'eutanasia volontaria con la chiara consapevolezza «illuministica» che l'umanità deve uscire da una mllenaria condizione di minorità e di eterodipendenza ed è «ormai adulta e pronta ad assumersi in toto la responsabilità non solo della propria vita, ma anche della propria morte».
Fornero afferma lo stretto rapporto tra la filosofia e il diritto, «due attività costitutivamente connesse e complementari».
Rivendica con forza l'indispensabilità della filosofia nello studio di queste problematiche, per evitare ingenuità teoriche, e riporta un'efficace battuta di Gilson: «La filosofia seppellisce sempre i suoi affossatori». Merito di questo lavoro è duplice: aver riportato il problema alla sua vera matrice, che è la coppia «indisponibilità» e «disponibilità» della vita, e la profonda onestà intellettuale, piuttosto rara nel dibattito bioetico, nell'approfondimento e nell'analisi di tutte le tesi.
La vita tra sacralità e qualità, tra indisponibilità e disponibilità è il filo rosso che attraversa tutta la bioetica, è l'opzione fondamentale da cui derivano tutte altre nella nostra esistenza.
È un'evidenza empirica che l'essere umano è l'unico organismo naturale, come ha ribadito Max Scheler, «aperto al mondo» e «capace di dire di no alla vita stessa». La posizione privilegiata dell'uomo nel cosmo deriva non tanto dalla evoluzione naturale, quanto dalla sua interruzione. In quanto persona può trascendere la realtà data e coglierne l'essenza.
De facto l'uomo ha sempre la possibilità di disporre della vita, di decidere come vivere e se vivere o meno. Il problema morale e giuridico è giustificare tale possibilità (de iure).
Il paradigma dell'indisponibilità e della disponinilità della vita chiama ogni uomo a una decisione di fondo a favore dell'uno o dell'altro paradigma. Fornero affaccia la possibilità di una «terza via», di un «terzo paradigma», basato sulla tesi «secondo cui la vita, pur essendo in generale indisponibile, non lo è in modo assoluto, perché in certe situazioni risulta lecito disporre non solo di fatto, ma anche di diritto». Ma questa è, per Fornero, proprio la posizione disponibilista e non una presunta terza via.
Il poeta Franco Arminio nel suo ultimo libro, La cura dello sguardo (Bompiani) annota:«Vivere non è un affare privato. E se lo è ha poco senso, è come fare il cruciverba senza la penna e senza le parole». L'attuale contesto culturale sta costruendo una nuova visione della vita non più individualistica, ma. relazionale. La nascita, la vita e la morte, e anche le nostre decisioni, vanno ripensate in una nuova prospettiva.
L'ampia e documentata ricerca di Giovanni Fornero apre un sentiero così profondo e ben articolato, che obbliga tutti a percorrerlo per dare ragione delle proprie scelte sull'indisponibilità o disponibilità della vita.