«Il Sole 24 Ore»
30 marzo 2008

I valori forti del laico

Libertà, pluralismo, difesa dei diritti umani: i princìpi per garantire ogni scelta, ateismo compreso

di Paolo Rossi

Fino a non molti anni fa il termine laico (quando si faceva riferimento al mondo della cultura) era sinonimo di non credente o non religioso (che non significa di necessità antireligioso). Questo significato è rimasto, più o meno immutato, nel linguaggio ordinario. Nel linguaggio dotto quel significato è scomparso. Oggi tutti si dichiarano laici e per designare quelli che un tempo venivano definiti laici, molti usano il termine laicista il quale, con un sottinteso polemico, fa riferimento a una laicità fortemente antireligiosa.

Ma è proprio vero che siamo tutti laici? L'autore di questo libro mette in discussione molti dei più recenti discorsi sulla laicità. e formula così la sua tesi: «Accanto a un significato debole, esiste anche un significato forte di laicità rispetto al quale la distinzione fra credenti e non credenti, anziché risultare inessenziale, riacquista il suo significato originario di elemento discriminante.». Si può certo dire che si è tutti laici, ma è indubbiamente vero che non si è tutti laici allo stesso modo. Sulle grandi questioni dell'etica e della bioetica riemerge infatti la distinzione laici/cattolici. Dopo la prefazione, il libro comprende tre parti. La prima è intitolata «Il dibattito» e comprende gli interventi di nove studiosi di diverso orientamento, Hanno collaborato a questa parte Reichlin, Palmaro, Lecaldano, Bacchin, Borsellino, Zecchinato, Sgreccia, Montaleone, Donatelli, La seconda parte comprende le «risposte» di Fornero. Nella terza, intitolata «Approfondimenti», vengono ripresi, in forma più ampia e articolata, i temi ai quali si è accennato all'inizio.

La laicità dello Stato comporta, afferma Fornero, una «non identificazione con nessuna delle parti in causa». Lo Stato laico si oppone pertanto a tre principali forme di Stato: lo Stato teocratico, nel quale il potere viene esercitato direttamente dal clero e nel quale le norme considerate come morali dal clero divengono norme giuridiche obbligatorie; lo Stato confessionale, che identifica una confessione religiosa con la religione di Stato e perseguita oppure si limita a tollerare le altre confessioni religiose e l'ateismo; lo Stato ateo, che fa dell'ateismo una religione di Stato e perseguita oppure si limita a tollerare le confessioni religiose.

Come non può esserci una religione o una filosofia di Stato, così negli Stati pluralisti non può darsi un'etica o una bioetica di Stato: «La bioetica cattolica e quella laica sono, a rigore, ospitate dallo Stato, ma non sono, né l'una né l'altra, la bioetica dello Stato».

Se è vero, in altri termini, che la forza di uno Stato laico è proprio la sua debolezza, ovvero il suo porsi come ospite e garante delle diversità, è anche vero che questo implica, a monte, l'adesione ai valori forti della libertà, del pluralismo, dei diritti inviolabili della persona.

Di fronte ai temi della bioetica i contrasti si sono grandemente accentuati. Le lucide pagine di questo libro non inducono certo all'ottimismo. Si può fare affidamento solo alla ragionevolezza, che è merce assai rara e che è cosa assai diversa dalla verità. Di fronte al dilemma tra l'etica dei princìpi e quella della responsabilità (attenta alle conseguenze), si può tuttavia pensare, come anche Max Weber pensava, che esse possano completarsi a vicenda e creare quel tipo di essere umano che può avere la «vocazione per la politica».