«Bioetica News Torino»
Anno III, n. 3 - Marzo 2013

Il libro "Laici e cattolici in bioetica"

di Giuseppe Zeppegno

Giovanni Fornero pubblicò nel 2005 per la casa editrice Bruno Mondadori il testo Bioetica cattolica e bioetica laica. Il libro, riproposto in edizione ampliata nel 2009, evidenziò con dovizia di documentazione i punti di divergenza e di possibile incontro tra i due paradigmi bioetici nell'intento di porre le basi per un confronto costruttivo tra le parti.

L'opera ottenne innumerevoli apprezzamenti. Fu soprattutto lodata l'indiscussa capacità di descrivere con estrema correttezza argomentativa le diverse posizioni. Nel 2008 Fornero presentò presso la medesima casa editrice un nuovo testo, Laicità debole e laicità forte. Il contributo della bioetica al dibattito sulla laicità. Il volume, in ideale continuità con il precedente, ospitò i pareri di diversi esperti che, stimolati dalla sua precedente opera, decisero di dare un personale apporto alla nascente discussione.

Nella terza parte del lavoro, rispondendo alle osservazioni ricevute, l'Autore notò che è legittimo sostenere che la bioetica non dovrebbe essere aggettivata, ma è altrettanto doveroso riconoscere che, di fatto, storicamente si è sviluppata sia in senso cattolico sia laico. La divergenza si caratterizza per «due tipi diversi di ragione e due modelli alternativi di razionalità» (p. 206). La bioetica cattolica espressa dai documenti magisteriali, infatti, proclama l'intangibilità della vita ancorando le sue convinzioni su tre idee-madri: «l'idea di Dio come fondamento ontologico ed etico dell'uomo, il concetto di natura e di legge naturale, il primato della verità sulla libertà» (p. 208). Non mancano peraltro studiosi «di orientamento personalista e kantiano che – pur concordando, sui punti essenziali con le dottrine etiche della Chiesa – sono propensi a scorgere, sia nel cattolicesimo ufficiale sia nel personalismo ontologico in cui esso si riconosce a livello bioetico, un deficit di laicità» (p. 256) e individuano percorsi teorici e criteri di soluzione alle singole questioni alquanto alternativi.

La bioetica laica nel testo è suddivisa in "forte" e "debole". Fanno parte della prima corrente quanti sono animati da tre idee antitetiche a quelle cattoliche: «il criterio dell'etsi Deus non daretur, il princìpio della qualità e disponibilità della vita, il primato della libertà sulla verità» (p. 222). Alcuni di questi pensatori possono essere definiti "areligiosi", altri invece "antireligiosi". I primi decidono di vivere e di pensare senza Dio e senza la religione. I secondi, più radicalmente, negano espressamente l'idea di Dio, ritengono che le religioni siano mere invenzioni dell'uomo e le accusano di impoverire la crescita intellettuale e sociale dei popoli. Esiste però anche una schiera di «atei devoti» che condividono con il cattolicesimo la persuasione che siano individuabili valori universali atti a essere di riferimento etico per lo Stato laico e democratico.

Al termine della presentazione delle diverse declinazioni della laicità, Fornero chiarisce che si riconosce in una accezione debole di laicità e si dimostra animato dalla disponibilità a favorire un dialogo «privo di riserve a priori (intellettuali e morali) verso il proprio interlocutore e dialogicamente aperto nei confronti di chi è portatore di valori diversi» (p. 260).

Nota anche che lo Stato deve diventare sempre più capace di promuovere una non facile ma necessaria coesistenza tra diversi mediando «a livello di leggi, la molteplicità degli orientamenti etici presenti nel tessuto sociale della società civile» (p. 280).

Il tema fu ripreso nell'articolo pubblicato sul terzo numero dell'annata 2009 di «Bioetica. Rivista interdisciplinare». In esso osservò che alcuni interventi negavano l'esistenza di una distinzione teorica e paradigmatica tra la bioetica cattolica e quella laica, nonostante il caso Englaro avesse evidenziato la dura contrapposizione che permaneva tra i due gruppi impegnati in una violenta disputa condotta senza esclusione di colpi sulle questioni di fine vita e sulla gestione degli stati vegetativi.

Ancora una volta l'Autore invitava i "contendenti" a continuare il confronto. I commenti non si fecero attendere e furono pubblicati sulla medesima rivista. Nel 2012 fu infine dato alle stampe per i caratteri dell'Editrice Le Lettere, Laici e cattolici in bioetica: storia e teoria di un confronto. Il testo è suddiviso in quattro parti.

Nella prima, Maurizio Mori, uno dei più noti bioeticisti italiani di matrice laica, docente universitario, fondatore e direttore della rivista «Bioetica», presidente della Consulta di Bioetica, conduce una documentata indagine storica degna di nota e di un ulteriore approfondito esame. È suo intento dimostrare che le questioni bioetiche sono state affrontate in questi decenni con due diverse strategie. Negli anni Sessanta-Settanta dello scorso secolo si sarebbe favorito anche a livello ecclesiale il cosiddetto paradigma della convergenza, motivato dal fatto che «l'esigenza di dialogo, di convergenza e di rappacificazione fosse così forte da far mettere in soffitta i vecchi sistemi e le ideologie, per aprirsi a una nuova ecumene caratteristica del "nuovo ordine delle cose" che appariva imminente (p. 22)».

Una nuova fase si sarebbe prospettata negli Anni Ottanta. In quel periodo, caratterizzato dalle «controversie in materia di aborto, ma anche dalle nuove questioni circa la fecondazione in vitro, il Dna ricombinante e le mille altre novità in campo bioetico» (p. 27), «sul piano culturale si è assistito alla riorganizzazione delle posizioni conservatrici che erano state come disorientate e spiazzate dalle nuove aperture della Chiesa cattolica romana» (p. 27). Nel seguito del lavoro Mori s'impegna a offrire la sua personale valutazione dei motivi della svolta e del diffuso rifiuto di ammettere la realtà della divergenza.

Nella seconda parte di Laici e cattolici in bioetica Fornero insiste nel porre l'attenzione dei suoi interlocutori di matrice sia laica sia cattolica (F. D'Agostino, S. Semplici, S. Bartolommei, L. Sesta, M. Balistreri, S. Leone, M. Aramini, S. Fontana, E. Sgreccia) sull'esistenza, spesso negata, della «distinzione tra bioetica di area cattolica e una bioetica di area laica» (p. 81).

Risponde alle tesi presentate nei loro scritti già pubblicati su «Bioetica. Rivista interdisciplinare» e invita a mettere a fuoco un triplice fatto: esistono due bioetiche; sono caratterizzate da princìpi programmaticamente differenti sintetizzabili nelle due idee guida della disponibilità, non disponibilità della vita; il dissidio paradigmatico è accompagnato da un parallelo dissidio teorico (pp. 105-106).

Nella terza parte del libro (pp. 220-292) riporta gli articoli di quanti hanno voluto intervenire. La lettura di questi contributi palesa la diversa posizione sulla questione anche tra quanti sono accumunati dal medesimo credo religioso o fanno professione di laicità.

In area cattolica si può ad esempio costatare che autori, come F. D'Agostino, ritengono che la distinzione paradigmatica tra bioetica cattolica e laica sia un equivoco (p. 220). Altri, come E. Sgreccia, non hanno difficoltà a riconoscere che «il Magistero della Chiesa «non ha inteso elaborare un trattato di bioetica cattolica, in senso formale, ma ha espresso quanto basta per individuare un paradigma dottrinale con cui il credente possa confrontarsi e da cui trarre princìpi e norme di comportamento» (p. 288).

In area laica c'è invece chi, come S. Bartolomei, auspica il superamento della dicotomia tra i due paradigmi a favore di un bioetica tout court capace di prestare attenzione all'autorità dei buoni argomenti (p. 241).

L'idea della "terza via", altra rispetto a quella cattolica e laica, è condivisa anche dallo schieramento cattolico come dimostra ad esempio il riportato studio di S. Semplici (pp. 226-234).

Il quarto capitolo è di carattere propositivo. Fornero lo inizia ribadendo che le due bioetiche «che rimandano a usi diversi della ragione e a modelli differenti di razionalità etica, esistono precisamente come esiste una loro contrapposizione paradigmatica» (p. 296).

Nota che tale dissidio, più serrato sulle questioni riguardanti l'inizio e la fine della vita, non è onnicomprensivo. È pertanto ingiustificato ritenere che non ci sia possibilità di incontro e scambio tra le diverse posizioni. È però anche difficile individuare uno snodo risolutivo.

Molte proposte sono state fatte. Alcuni formulano l'ipotesi che il problema sarà superato solo quando uno dei due schieramenti prevarrà definitivamente sull'altro o quando si punterà unicamente sulla mediazione giuridico-politica dei contrasti. Altri tentano di convergere su valori comuni, sul concetto di dignità della persona, sull'individuazione di contenuti minimi condivisibili o u una terza via mediana tra i due blocchi. Tutte le strade, ammette Fornero, hanno «intrinseci motivi di forza» e altrettanto evidenti «segni di debolezza» (p. 346).

Non è mai ipotizzabile un facile accomodamento soprattutto perché la Chiesa, se va alla ricerca di compromessi, corre il rischio «di porsi in contraddizione con la propria tradizione dottrinale e con i documenti che la incarnano e la sanzionano» (p. 363). Se altrimenti mantiene ferme le proprie posizioni teoriche ed etiche corre «il rischio di perpetuare il contrasto con la cultura laica (e con talune istanze di fondo della mentalità contemporanea)» (p. 364).

Paradigmatico è il caso dell'aborto. Il manifesto rifiuto delle leggi che lo permettono non è posto in virtù di convinzioni meramente religiose, ma nella consapevolezza che la vita personale ha inizio dal concepimento ed è un bene da tutelare in ogni fase del suo sviluppo.

La Chiesa non può non contestare l'idea che lo Stato possa «considerare l'aborto come un "crimine senza delitto" o permetterlo in nome della "libertà di scelta"» (p. 357). Un discorso analogo – osserva Fornero – può essere condotto sull'eutanasia (pp. 360-361). Egli conclude osservando: «In questa situazione, ipotizzare una sorta di "compromesso storico bioetico" ci pare azzardato. Almeno sul piano dottrinale, perché su quello giuridico e politico una qualche forma di mediazione – sia pure con le sopraccitate difficoltà – appare inevitabile» (p. 364).

La tesi iniziale del presente volume potrebbe essere così formulata: esiste una distinzione fra un bioetica di area cattolica e una bioetica di area laica? (cfr p. 81). Al termine di questo percorso è difficile contestare non solo l'esistenza ma anche la non facile conciliabilità dei due "paradigmi".

La conclusione è però troppo povera per essere esauriente. Invoglia a programmare un ulteriore confronto. Credo sia giunto il momento di passare alla seconda domanda: come deve essere giudicata tale distinzione (e quali sono gli eventuali modi per superarla)? (cfr p. 81).

La necessità di questo percorso fu già individuata da Fornero nella prima edizione di Bioetica cattolica e bioetica laica. Nella conclusione scrisse infatti che le due bioetiche: «pur essendo strutturalmente diverse (e, su certi punti inconciliabili), non possono fare a meno di coesistere e dialogare (e quindi di interagire)».

«Perché non tentare allora a mettere a confronto serrato le diverse concezioni che dell'uomo e della sua natura hanno le contrapposte tesi, nell'intento di individuare valori minimi razionalmente individuabili e universalmente condivisibili su cui costruire un nuovo cammino?»