«L'Osservatore Romano»
7 dicembre 2005

Cattolici e laici a confronto sulla bioetica

di Giancarlo Galeazzi

Lo aveva preannunciato ad Ancona, nella relazione su «Paradigmi della bioetica» nel convegno nazionale per cent'anni della Società Filosofica Italiana sul tema «Filosofia e scienza nella società tecnologica», e ha mantenuto la promessa.

È infatti nelle librerie in questi giorni il volume Bioetica cattolica e bioetica laica che Giovanni Fornero ha pubblicato per i tipi dell'editore Bruno Mondadori di Milano nella collana «Sintesi», e che offre – lo diciamo subito – un contributo di prim'ordine per orientarsi in quel dibattito sull'etica della vita, oggi centrale nell'intera riflessione filosofica. Giovanni Fornero, allievo di Nicola Abbagnano, è un autore molto noto, perchè ha con successo ripreso e portato avanti l'opera del suo maestro.

Di Abbagnano ha aggiornato la Storia della filosofia e il Dizionario di filosofia per la Utet, oltre che rielaborare per Paravia il manuale scolastico.

Ma oltre a queste fortunate operazioni editoriali, Fornero è da ricordare per il poderoso volume su Filosofie del Novecento che ha scritto in collaborazione con Tassinari e pubblicato presso Bruno Mondadori: un'opera ancora una volta di qualità e di successo, tanto che in breve tempo è uscita anche un'edizione economica. Ebbene, proprio in questo libro il penultimo capitolo, a firma di Fornero, era dedicato alla bioetica.

E di bioetica era stato invitato ad occuparsi al convegno di Ancona, e negli «Atti del convegno» aveva annotato che quel suo testo preludeva ad un lavoro organico finalizzato a illustrare estesamente i principali orientamenti della bioetica.

Oggi disponiamo di questo volume, e non possiamo non rallegrarci con l'Autore per aver offerto un'articolata panoramica delle posizioni rivali nel campo della bioetica, e che si fa apprezzare non solo per la chiarezza e l'organicità della ricognizione storica, ma anche la capacità e la penetrazione teoretiche che producono una obiettiva e documentata informazione, indispensabile per operare seri confronti.

Il libro di Fornero si distingue nelle ricca bibliografia e pubblicistica in materia, in quanto s'impegna a operare una presentazione puntuale delle diverse impostazioni, mostrando le ragioni addotte dagli autori più rappresentativi, e, in particolare, fa giustizia di tutta una serie di pregiudizi e luoghi comuni nei confronti dell'etica cattolica.

Con questa espressione Fornero intende la bioetica che ha trovato formulazione nel magistero pontificio, soprattutto di Giovanni Paolo II, i cui interventi manifestano, oltre «doti di chiarezza linguistica e concettuale», anche «un notevole spessore filosofico» (p. 25), e nella trattatistica di studiosi come il Vescovo Elio Sgreccia e il Cardinale Dionigi Tettamanzi, esponenti di un personalismo ontologico elaborato sulla scorta di una razionalità metafisica.

Che un laico abbia avvertito il bisogno di sottolineare la consistenza razionale dell'argomentazione che caratterizza i documenti di bioetica cattolica offre un nuovo spazio per un confronto fra cattolici e laici che è meno esposto alle strumentalizzazioni ideologiche e più attento alle comparazioni epistemologiche. È facile, infatti, trovarsi di fronte a un'indebita e reiterata riduzione della bioetica cattolica alla dimensione meramente religiosa, per cui viene liquidata come una bioetica a valenza fideistica e dogmatica, confessionale e autoritaria.

Pazientemente Fornero smonta un tale tipo di tesi, e, riconoscendo la portata squisitamente razionale delle argomentazioni della bioetica cattolica, invita a collocare il confronto con quella laica nel suo giusto ordine, che è quello della ragione argomentativa, e la differenza è allora data dal diverso tipo di razionalità impiegato dagli uni e dagli altri, per cui la bioetica cattolica elabora una concezione di carattere universalistico e fondazionistico, mentre la bioetica laica non dà credito ad alcuna universalità e fondazione.

Non solo: Fornero sottolinea anche che, nell'uno e nell'altro caso, la bioetica rinvia, a ben vedere, a differenti concezioni antropologiche, per cui ancora una volta l'antitesi tra l'impostazione cattolica e quella laica sta nel fatto che la razionalità della bioetica cattolica si configura in senso ontologico e sostanzialistico mentre quella della bioetica laica ha una connotazione fenomenologica e funzionalistica. Dal che si evince che il contrasto tra le due bioetiche è tutt'altro che da vedere nella contrapposizione tra «confessionale» e «non confessionale»; risultano non del tutto adeguate altre contrapposizioni come quelle tra «sacralità della vita» e «qualità della vita», tra «indisponibilità della vita» e «disponibilità della vita», tra «vita» e «scelta».

Infatti, l'individuazione di queste diverse impostazioni si colloca a valle, sul terreno dei contenuti, mentre la motivazione delle differenti concezioni viene prima, si colloca a monte, sta cioè nel riconoscimento o nel rifiuto della capacità della ragione umana di passare «dal fenomeno al fondamento».

Ebbene, per la bioetica cattolica questa felice espressione della Fides et ratio rappresenta il presupposto per affrontare correttamente le questioni ontologiche e antropologiche che sono alla base delle questioni bioetiche e ne condizionano l'esatta impostazione e soluzione. Al contrario, la bioetica laica nega alla ragione questa apertura metafisica, e pertanto elabora anche per la vita (a voler usare il titolo di un libro di uno dei maggiori esponenti dell'indirizzo laico, Uberto Scarpelli) «un'etica senza verità».

Da quanto detto dovrebbe risultare che tanti contrasti e tante polemiche in bioetica non sono altro che espressione di più ampie visioni filosofiche contrastanti, che chiamano in causa la questione del soggetto, il quale nella prospettiva cattolica è rivendicato nella sua identità e sussistenza, e nell'ottica laica, invece, è risolto nelle sue funzioni e operazioni.

Come si vede, il contrasto è tutt'altro che riconducibile a quello tra fede (cattolica) e ragione (laica), ma scaturisce dalla connotazione della ragione: metafisica e fondazionale nella bioetica cattolica, e antimetafisica, e antifondazionale della bioetica laica. È evidente che, così configurata, la rivalità tra le due bioetiche non porta a caratterizzare una in termini confessionali e l'altra in termini anticonfessionali o aconfessionali: quando ciò avviene vuol dire che si è passati dal piano epistemologico a quello ideologico, per cui la bioetica diventa terreno di scontro per altre battaglie.

Da un tale equivoco che, in buona o cattiva fede, viene spesso riproposto, bisogna guardarsi, e pertanto serve fare un po' di chiarezza sulle effettive motivazioni che sono alla base delle diverse posizioni. Proprio questo è il compito che si è assunto Fornero, il quale con serietà e serenità presenta la multiforme tipologia delle bioetiche, privilegiando tuttavia la distinzione tra bioetica cattolica e bioetica laica, in quanto la considera una classificazione che aiuta a fare chiarezza e a prendere posizione.

Al riguardo, un primo risultato che Fornero vuole conseguire è quello di liberare queste due denominazioni da un loro uso spregiativo: infatti, per alcuni laici, la qualificazione «cattolica» è intesa come sinonimo di dogmatica e autoritaria, e, per alcuni cattolici, la qualificazione «laica» è intesa come sinonimo di irreligioso e antiecclesiale: in questo modo che una reciproca squalificazione, che rende impossibile operare un pacato confronto, che invece è possibile avviare quando le due qualificazioni stanno a indicare una diversa idea di razionalità.

Ecco perchè Fornero invita cattolici e laici a confrontarsi sulle giustificazioni razionali che gli uni egli altri adducono a sostegno della propria tesi; da qui il privilegiamento degli autori che in modo più diretto e sistematico hanno trattato di bioetica, e non solo di specifiche questioni, ma anche della sua configurazione epistemologica: così avviene nei manuali di Sgreccia e di Tettamanzi, di D'Agostino e di Pessina, per la bioetica cattolica, e nei volumi di Scarpelli, Lecaldano, Mori, per la bioetica laica, e per questo sono da Fornero maggiormente citati, coerentemente con una trattazione che si configura come «metabioetica», cioè di riflessione sulle teorie bioetiche, che, per il diverso tipo di razionalità di cui fanno uso, Fornero qualifica come «bioetica forte» (quella cattolica) e «bioetica debole» (quella laica).

La presentazione che Fornero fa di queste due impostazioni si fa apprezzare non solo per la chiarezza e l'informazione, ma soprattutto per l'onestà intellettuale con cui lo studioso torinese svolge la sua ricognizione storico-teoretica. Si tratta di un atteggiamento che non si ritrova sempre nella letteratura di bioetica, dove a volte prevalgono toni polemici e ideologizzati che non favoriscono la conoscenza e il dialogo.

Proprio questi sono, invece, gli obiettivi del libro di Fornero che non a caso conclude parlando di due bioetiche che, «pur essendo strutturalmente diverse (e, su certi punti, inconciliabili), non possono fare a meno di coesistere e di dialogare (e quindi di interagire)» (p. 203).

Con questa constatazione il libro termina, aprendo però uno scenario cui non ci si può sottrarre: quello di indicare, per dirla con Maritain, «le possibilità di cooperazione in un mondo diviso», e con Maritain dovremmo ricordare che la cooperazione pratica va sì ricercata ma senza offendere la «giustizia intellettuale», che vuole chiarezza e coerenza nelle convinzioni di fondo.

E quanto Fornero ha fatto sua nella sua pregevole esposizione, per cui vorremmo augurarci che a questo libro Fornero ne faccia presto seguire un altro, che affronti proprio la questione del dialogo tra bioeticisti: il libro appena pubblicato offre garanzie che le nuove questioni potranno essere affrontate dall'Autore senza cedere alla tentazione del facile sincretismo, ma verranno ricercate compatibilmente con visioni teoreticamente diverse, in modo da indicare gli ambiti e i limiti per un lavoro comune, che rispetti la dignità della persona umana e i valori che la contrassegnano.